Recensione documentario: Cowspiracy, il segreto della sostenibilità – veganocrudista.it

Recensione documentario: Cowspiracy, il segreto della sostenibilità

- Marcello - Commenti Chiusi
Cowspiracy documentario dvd

Oggi torniamo a parlare di sostenibilità per il nostro pianeta, focalizzandoci sul documentario di Kip Andersen, “Cowspiracy: The Sustainability Secret” uscito anche in DVD un paio di anni fa.

Se ancora non l’avete visto, procuratevene una copia, ma sappiate che potrà farvi molto arrabbiare; io ho avuto questa reazione al termine degli 85 minuti di filmati vari ed interviste.

Ciò che più mi ha colpito, a parte le interviste a varie associazioni, agricoltori, allevatori, ecc., sono i numeri. Troverete molte cifre dentro Cowspiracy, molti confronti tra realtà differenti che vi faranno veramente indignare.

Ma vediamo quindi di far luce sugli aspetti più importanti sui quali si fonda la ricerca di Kip Andersen, coadiuvato dal regista Keegan Kuhn. I due ambientalisti fanno riferimento soprattutto agli Stati Uniti d’America, ma le percentuali e i dati citati sono scalabili anche per l’Europa e  l’Italia.

Il surriscaldamento globale del pianeta

L’argomento principale intorno al quale ruota gran parte del lavoro di Andersen, è l’effetto serra, che provoca il surriscaldamento globale del pianeta.

Secondo la FAO (Food and Agricolture Organization), come viene anche citato nel documentario, il mondo dei trasporti (auto+treni+navi+aerei) concorre per il 13% all’aumento dei gas serra, mentre l’allevamento di bestiame per il 51%.

Con questi dati alla mano, il protagonista si reca nelle maggiori associazioni ambientaliste americane, tra le quali troviamo Greenpeace, Rainforest Action Network, Sierra Club ecc.

Lo scopo è capire perché, pur trattando di problematiche ambientali globali, siti come quelli citati non collocano l’allevamento di bestiame tra le principali cause del surriscaldamento terrestre, anzi non viene nemmeno nominato.

Le risposte? Quantomeno deludenti: qualcuno finge di non essere a conoscenza di questi dati, qualcun altro si rifiuta categoricamente di parlare dell’argomento, altri ancora deridono Kip Andersen o minimizzano il problema in maniera ridicola.

Ciò che il regista e nemmeno noi ci spieghiamo, è il perché di questo comportamento, forse ci sono sul piatto interessi più grandi di quanto si possa pensare? Forse addirittura le associazioni ambientaliste sono sostenute economicamente dalle lobby agricole che hanno questi interessi? Tutto è possibile.

Certo che quando ci vengono a dire: non sprechiamo l’acqua, non usiamo l’auto, moderiamo l’utilizzo dei combustibili, viene un po’ da ridere (o da incavolarsi), sapendo che il rapporto tra ciò che è emesso dai mezzi trasporto e invece ciò che produce l’allevamento è di 1 a 5… Qualcuno che dica: “Cominciamo a mangiare meno carne e pesce?”, ovviamente nessuno, non preoccupatevi.

L’Amazzonia brucia

La distruzione della foresta amazzonica per far spazio a coltivazioni di foraggio per il bestiame è un’altro argomento cardine di “Cowspiracy“. Quando Kip chiede “La maggior causa della deforestazione in Brasile” all’associazione Rainforest Action, ci vuole molta, ma molta fatica per farsi rispondere: cereali per gli allevamenti.

Ma non è tutto: si viene a scoprire che più di 1.100 attivisti ambientalisti sono stati assassinati per essersi opposti alla distruzione di massa delle foreste amazzoniche in Brasile. Quando poi, parlando con un diretto interessato, si dice che gli ambientalisti sono considerati nemici numero uno persino dall’FBI, si stenta quasi a crederlo.

Non è solo l’allevamento intensivo a contribuire al surriscaldamento globale, ma anche quello definito “sostenibile”, con gli animali lasciati liberi di pascolare in grandi appezzamenti terrieri e non in stalle, non lo è per nulla.

Basti pensare che un animale viene nutrito in stalla con grano per 15 mesi, prima di essere macellato, mentre quelli nei pascoli per 23 mesi, che equivalgono ad 8 mesi in più di consumo di acqua, mangimi e produzione di escrementi e quindi metano introdotto nell’ambiente.

Gestire in maniera ottimale le risorse mondiali

Ma torniamo ai nostri numeri: un terreno agricolo di 6.000 metri quadri (poco più della metà di un ettaro), potrebbe produrre 16.800 kg di vegetali commestibili, contro i 170 kg prodotti di carne.

Con l’allevamento, vengono consumate ogni giorno grandissime quantità di acqua (una mucca da sola beve circa 150 litri al giorno), mangimi, antibiotici, per produrre carne non sempre di qualità, e che non è sufficiente per soddisfare nemmeno tutta la popolazione del pianeta.

Se invece di produrre cereali per foraggiare il bestiame, sfruttassimo gli stessi terreni per produrre vegetali, potremmo sfamare fino a 12 miliardi di persone. Considerando che ad oggi sulla terra siamo circa 7 miliardi, dei quali più di un miliardo patisce la fame… fate i vostri conti su cosa è sostenibile e cosa non lo è.

Come auspicano gli autori di “Cowspiracy”, possiamo essere gentili con il nostro pianeta, possiamo cambiare il mondo in cui viviamo, ma dobbiamo decidere di farlo, dobbiamo farlo ora, perché è comunque già troppo tardi.

Fonti: