Alimentazione e ambiente
Il cibo che mangiamo può avere ripercussioni sull’ambiente? Che rapporto c’è tra cibo e ambiente? Partiamo esaminando gli effetti degli allevamenti sull’ambiente
Gli allevamenti di bestiame
L’allevamento di bestiame a livello globale consuma risorse alimentari ed idriche, inquina le acque, contribuisce a degradare il suolo e ad aumentare l’effetto serra. Come se tutto questo non bastasse, causa la deforestazione, praticata massivamente sopratutto in America Centrale, per far spazio ad immense coltivazioni destinate solamente al foraggio degli animali da allevamento.
Il punto è che questi animali per crescere e produrre consumano più risorse alimentari di quante ne producano sotto forma di carne, latte, e uova destinati al mercato, sottraendole di conseguenza all’uomo.
Circa un terzo della produzione mondiale di cereali viene consumata dal bestiame negli allevamenti, in Europa ed in USA questa percentuale sale fino a raggiungere la metà della produzione (mentre Asia ed Africa abbassano leggermente la media).
Cosa possiamo dedurre da tutto questo? Che la dieta basata su proteine animali è ecologicamente inadeguata. Tutto ciò che viene utilizzato per alimentare gli allevamenti è sottratto al consumo umano.
Ne è un chiaro esempio quanto segue: un ettaro di terreno coltivato a patate può sfamare ipoteticamente 22 persone per un anno, un ettaro di riso, 19 persone, un ettaro destinato a cereali per l’allevamento di manzo, sfama solamente 1 persona. (vedi fonte WHO/FAO 1)
Abbiamo parlato dell’alimentazione, ora veniamo alle risorse idriche: l’allevamento provoca uno spropositato consumo di acqua, utilizzata in parte per abbeverare gli animali e in parte per la pulizia delle strutture che li contengono durante la loro vita e successivamente per la macellazione.
Un manzo, ad esempio, consuma 80 litri di acqua al giorno, un maiale 20 litri, una pecora 10; le mucche da latte, nella stagione estiva, arrivano a consumarne fino a 200 litri al giorno (vedi fonte 2).
Il volume totale di acqua dolce impiegata per un prodotto finito di origine animale, quindi dall’irrigazione del foraggio per l’allevamento, passando per la macellazione, fino ad arrivare al prodotto finito, raggiunge una quota pari ad un quarto del volume globale di acqua consumata.
Sempre secondo l’Unesco, è più efficiente ottenere calorie, proteine e grassi da prodotti di origine vegetale, in quanto per ogni caloria di un prodotto animale occorre una quantità d’acqua 8 volte superiore ad una caloria da alimenti vegetali. (vedi fonti 3-4)
Per concludere il discorso, dobbiamo citare anche il problema del surriscaldamento globale: gli allevamenti sono infatti tra i principali contributori nel produrre gas serra. La FAO ha stimato che nel 2006 la produzione di questi gas, direttamente riconducibile a tutto ciò che concerne l’allevamento, è pari al 18% delle emissioni globali causate da attività umane. Questa percentuale è addirittura superiore all’intero settore dei trasporti (siano essi autostradali, navali o ferroviari), che concorrono all’aumento dei gas serra con il 13,5%. (vedi fonte 5)
Sempre secondo il rapporto FAO, non è tanto l’anidride carbonica immessa nell’ambiente dagli animali allevati, che si attesta al 9% sul totale, ma quanto più gli altri gas serra come il metano, nella percentuale del 40% (che riscalda il globo 23 volte di più dell’anidride carbonica), l’ossido di azoto per il 65% e l’ammoniaca per il 64%.
Pesca ed acquacoltura
Fin’ora abbiamo parlato solamente di bestiame, ma anche la pesca e il consumo di animali marini incidono sull’equilibrio ambientale. Il consumo di pesce è raddoppiato dai circa 10 kg annui pro-capite nel 1960, fino ad arrivare a 18,4 kg pro-capite nel 2009, per un totale di 125.600.000 tonnellate di consumo in tutto il mondo. (vedi fonte 6)
Lo sfruttamento intensivo dell’industria della pesca e l’inquinamento dei mari sono le principali cause di devastazione della vita marina. Quasi il 30% delle specie marine dal 1950 fino al 2006 ha subito perdite di circa il 90% di esemplari, di questo passo si prevede per il 2050 il collasso definitivo di tutte le specie commerciabili, in parole povere “fine dei pesci comuni che ogni giorno si trovano sulle tavole di tutto il mondo“. (vedi fonte 7)
Ma oltre ai pesci cacciati per il nostro consumo, è presente una gran quantità (circa l’8% del pescato) di animali marini non commestibili o commerciabili rimasti intrappolati accidentalmente nelle reti durante la pesca e poi gettati in mare morti o morenti.
Il collasso di ormai moltissime zone di pesca causa la diffusione sempre più veloce dell’acquacoltura, cioè l’allevamento di pesci in stabilimenti chiusi o in gabbie in mare aperto. Questo sistema fornisce ad oggi, a livello globale, il 43% degli animali marini in commercio; si pensi che dal 1980 al 2001, in Europa, la produzione tramite acquacoltura è raddoppiata raggiungendo 1.300.000 tonnellate proprio nel 2001. (vedi fonte 8)
Spesso questo “allevamento intensivo” di pesce viene considerato come ecologicamente sostenibile, ma ciò non corrisponde a verità: paragonandolo al sistema di allevamento di bestiame che necessita foraggio, qui i pesci necessitano di mangime o comunque di altri pesci per cibarsi.
Questo determina un considerevole consumo di specie ittiche marine, tanto per fare un esempio, per produrre un kg di pesce da acquacoltura servono almeno dai 2,5 ai 5 kg di pescato trasformato in mangime. (vedi fonte 10)
Per altre specie, come ad esempio i tonni, la quantità necessaria è ancora maggiore e si attesta intorno ai 20-25 kg: essi vengono pescati nei mari e poi rinchiusi per essere ingrassati.
Conclusioni
Mi sono dilungato un po’ oggi, senza per altro scendere troppo in particolari e dati, per dare una visione globale del problema impatto ambientale, assai importante anche se costantemente ignorato dalla maggior parte delle persone.
Concludo con un’ultima manciata di cifre che ci permettono di capire quanto una dieta vegetariana o vegana, possano influire positivamente sull’ambiente che ci circonda.
In merito alle emissioni di gas serra: uno studio del 2008 dell’Institute for Ecological Economy Research di Berlino fa emergere che una dieta vegetariana ha un impatto 4 volte superiore a quella vegana, mentre una dieta a base di alimenti animali contribuisce 7,5 volte di più (rispetto a quella vegana) all’emissione di gas serra.
Per il consumo di acqua: la produzione di cibo giornaliero che serve per sfamare un onnivoro-carnivoro necessita di 15.100 litri di acqua, per un vegetariano si consumano 4.500 litri di acqua, per un vegano solamente 1.100 (vedi fonte 9).
Io ho tratto le mie conclusioni già da tempo: occorre cambiare in fretta le nostre abitudini, per non lasciare ai nostri figli e nipoti un pianeta ormai morto.
Fonti
- WHO/FAO http://www.who.int/dietphysicalactivity/publications/trs916/en/
- Dipartimento delle industrie primarie http://agriculture.vic.gov.au/agriculture/farm-management/soil-and-water
- Unesco – studio sull’impronta dell’acqua 1996-2005 http://waterfootprint.org/media/downloads/Report50-NationalWaterFootprints-Vol1.pdf
- Falkenmark e Rokstrom “Balancing water for humans and nature” https://books.google.it/books
- FAO, “The livestock’s long shadow” http://meteo.lcd.lu/globalwarming/FAO/livestocks_long_shadow.pdf
- FAO, “The state of world fisheries” http://www.fao.org/docrep/016/i2727e/i2727e.pdf
- New Scientist, “No more seafood in 2050?” https://www.newscientist.com/article/dn10433-no-more-seafood-by-2050/
- Confagricoltura, La filiera dell’acquacoltura
- Greenpeace, Acquacoltura sfida alla sostenibilità http://www.greenpeace.org/italy/Global/italy/report/2008/1/acquacoltura.pdf
- John Robbins, “Diet for a new America” https://books.google.it/